In un luogo senza confini, dove il tempo si dissolve e le stelle danzano, immagino un dialogo con Dio. Le parole non hanno bisogno di suono, perché l’anima sa come tradurle.
Io, piccolo viandante, mi siedo su una roccia levigata. Il vento mi accarezza il viso, e il cielo si tinge di sfumature dorate. Dio, il custode dei segreti, appare davanti a me. La sua luce è calda e avvolgente.
“Figlio mio,” dice, “cosa vuoi chiedermi?”
Le mie domande si dipanano come fili d’argento:
- “Dio, qual è il senso della sofferenza?” La risposta arriva come un sussurro: “La sofferenza è il telaio su cui intessiamo la nostra umanità. È nel buio che impariamo a vedere le stelle.”
- “Dio, perché esisti?” La risposta è un sorriso: “Esisto perché l’amore ha bisogno di un nome, e quel nome è Dio.”
- “Dio, dove sei quando ho paura?” La risposta è un abbraccio invisibile: “Sono nel battito del tuo cuore, nella carezza del vento, nel sorriso di un amico.”
- “Dio, perché ci hai dato la libertà se spesso la usiamo male?” La risposta è un silenzio compassionevole: “La libertà è il dono più grande e il rischio più grande. È nel tuo cuore che scegli come usarla.”
Il dialogo continua, tra domande e risposte, tra lacrime e sorrisi. Dio mi parla attraverso il canto degli uccelli, il profumo dei fiori, il calore del sole. E io ascolto, con il cuore aperto.
“Figlio mio,” dice Dio, “non temere. Siamo sempre qui, nel silenzio e nell’infinito. Il nostro dialogo non ha mai fine.”
E così, nell’immaginario, io e Dio continuiamo a parlare, a danzare tra le stelle, a cercare risposte e a scoprire misteri
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