Essiri cchiù di cani ‘i Brasi, (letteralmente “essere più dei cani di Biagio”), viene utilizzato molto spesso nel messinese per indicare un grande numero di persone che creano una grande confusione. Vi sono diverse teorie riguardo l’origine di questa frase, ma sicuramente quella che segue è la più simpatica. Si dice che un Viceré spagnolo di nome Blas (Biagio) d’istanza a Messina, amante della caccia, abbia inviato una lettera al fratello in Spagna in cui gli chiedeva di mandargli 2 o 3 cani da caccia. La lettera è stata male interpretata dal fratello che ha letto la cifra di 203, scambiando la lettera o per il numero 0. Quando i 203 cani sono approdati a Messina a bordo di una nave, il loro baccano era talmente forte da essere udito per tutta Punta Faro.
Babbillumpa, che letteralmente significa “scemo dell’UNPA”. Ma cos’è l’UNPA?L’Unione nazionale protezione antiaerea, in acronimo UNPA, era un’organizzazione della protezione civile istituita il 31 agosto 1934. Verso la fine del conflitto, lo stato di grave emergenza ha costretto al reclutamento di persone anziane e soggetti con deficit fisici o mentali esentati dal servizio militare. Nonostante il significato chiaramente denigratorio, bisogna ricordare che i cosiddetti “babbillumpa”, in tutta Italia, ma soprattutto a Messina (dove i bombardamenti sono stati moltissimi) hanno salvato parecchie vite, sia occupandosi dell’informazione preventiva in caso di attacco aereo, sia intervenendo alla fine del bombardamento per rimuovere le macerie e soccorrere i feriti. La tradizione messinese è piena di modi di dire il cui significato si è perso o sta per perdersi. Voi ne conoscete altri? Scriveteli nei commenti, saremo felici di conoscerli e pubblicarli.
Mucca lapuni o Ammucca lapuni. Mangia calabroni. Si dice di una persona che crede a tutto ciò che gli si dice o che gli prospetta. Si usa per indicare una persona ingenua. Quando si raccontano, per scherzo o per vanto, storie incredibili, impensabili e/o surreali, oppure quando, si espone o prospetta una eventualità incredibilmente e straordinariamente inverosimile, il (‘u) mucca lapuni è colui che ascolta estasiato e crede a tutto ciò che sente, senza rendersi conto che si tratta di una bufala.
U figghiu da jaddina janca. Il figlio della gallina bianca. Questa è una tipica espressione messinese, che viene utilizzata per indicare chi gode, o ritiene di dover avere di diritto, di tutti i privilegi solo per il fatto di esistere. Questa metafora animale indica, in senso figurato, chi ingiustamente gode di piccoli e grandi privilegi. Un tempo la gallina bianca, di una razza quindi diversa dalle altre, si distingueva nel pollaio e, di conseguenza, in quanto tale, veniva privilegiata rispetto alle galline nostrane.
Essere figlio della gallina bianca, vuol dire, in soldoni, credersi migliori di altri e quindi avere, di conseguenza, diritto a qualsiasi tipo di privilegio. Lo si usa con chi viene privilegiato in situazioni in cui, le persone normali, devono seguire le normali consuetudini civili, mentre il figlio della gallina bianca sorvola la prassi consuetudinale venendo, o pretendendo, di esser speciale e dunque di dover esser privilegiato di diritto.
Cuntari quantu u dui i coppi quannu a briscola è a spadi. Contare quanto il due di coppe quando la briscola è a spade. Viene usata questa espressione per indicare una persona che non conta nulla.
Come nel gioco della briscola: il due è già di per se la carta che ha il valore più basso, se si aggiunge che non è neanche del seme della briscola del turno di gioco, non vale assolutamente nulla. Nella briscola, infatti, una volta che esce il seme prescelto, cioè il seme con cui è possibile fare punteggio e vincere, il due è la carta con valore più basso anche quando è del seme vincente. Quando poi si tratta di un due di un altro qualsiasi seme, si parla di una carta che non ha assolutamente alcun valore e punteggio.
Da qui il paragone di una persona che non ha voce in capitolo in una data situazione, proprio come il due di mazze quando la briscola è a coppe.
“Pigghiasti a strada d’acitu”. Hai preso la strada dell’aceto. Riferita a chi ha un comportamento che inizia a peggiorare o che è peggiorato nel tempo rispetto a prima. Il paragone che viene fatto è quello del vino, che quando inizia a guastarsi diventa col tempo aceto. Và a perdere le sue qualità di vino e inizia ad assumere quelle acide dell’aceto. Si dice, dunque, di una persona, che va a peggiorare nel tempo, imboccando una strada sbagliata, che lo condurrà a peggiorare il proprio essere.
L’aceddu ‘nta jaggia o canta pi invidia o canta pi raggia. L’uccello nella gabbia o canta per invidia o canta per rabbia. In genere viene usato a indicare che chi sparla o critica troppo lo fa o per invidia o per rabbia. L’uccello in gabbia, quando canta lo fa o perché, privato della libertà di volare, è arrabbiato o perché, vedendo volare gli altri uccellini, è invidioso di non poter essere libero. Quando una persona è solita fare pesanti critiche su altri, lo fa o perché è stata ferita e quindi è arrabbiata, oppure perché, conducendo una vita di cui non è soddisfatta, invidia quella altrui.
U pisci feti da testa. Il pesce puzza dalla testa. Si usa questa espressione per dire che le origini di comportamenti errati, vanno rinvenute nelle radici di questi. Le ragioni di atteggiamenti sbagliati da parte una persona o la cattiva qualità di una istituzione, di un’azienda, di uno stato e così via, vanno ricercate a monte. Per cui, rimanendo sui nostri esempi, nel caso di un comportamento sbagliato ad esempio di un figlio o di una persona in generale, la causa va ricercata nella famiglia e nell’ambiente in cui si cresce e/o vive, nel caso degli altri esempi fatti, le cause vanno rinvenute al vertice di una istituzione o azienda, da chi, insomma comanda in quell’ambito.
Tra amici e parenti non vinniri e cattari nenti. Tra amici e parenti non vendere e non comprare niente. Questo modo di dire si usa come consiglio. Il senso è che è meglio non fare alcun tipo di affare in danaro con gli amici e con i parenti, perché nel caso in cui sorgano dei problemi e ci si ritrovi a litigare si rischia di perdere l’amicizia o la parentela. Meglio fare affari con gli estranei, cosicché in caso di litigi, amicizie e parentele rimangono intatte.
Spassu i fora e triulu i casa. Spassoso fuori e lamentoso in casa. Questa esclamazione si usa per indicare una persona piacevole, divertente, socievole fuori casa, e sofferente, invece, dentro le mura domestiche. Si usa per quelle persone che hanno comportamenti diametralmente opposti con la famiglia rispetto agli amici, ai conoscenti o agli estranei in genere. Viene utilizzato in situazioni in cui si nota un comportamento differente in base alle persone che circondano la persona in questione: ottimo comportamento con persone che sono al di fuori dal proprio contesto familiare, pessimo comportamento, caratterizzato da lamenti e/o sofferenza, con la famiglia.
U sceccu nto linzolu. L’asino nel lenzuolo. Questa frase viene detta a qualcuno che fa il finto ingenuo. Viene, cioè, rivolta a chi, facendo finta di essere ingenuo, vuole far credere di non sapere di cosa si sta parlando, di non aver visto nulla, di non conoscere nulla, in base alla situazione di riferimento. Si dice di persona furba, quindi, che per evitare certe situazioni, si finge ingenuo, mentre non lo è affatto.
Non ghiabbu e non maravigghia. Né burla, né meraviglia. E’ un’esclamazione utilizzata quando non ci si dovrebbe meravigliare per qualcosa. Nello specifico, viene usata questa affermazione per invitare a non farsi gabbo, ossia non beffarsi di qualcuno o prendersi beffa di qualcuno e, allo stesso tempo, a non meravigliarsi, poiché ciò di cui ci si fa beffa o per cui ci meraviglia, in quanto cosa buffa, rara o che ci stupisce, potrebbe accadere a noi. In ogni caso può assumere diversi significati a seconda della situazione.
Cu nasci tunnu non pò moriri quadratu. Chi nasce tondo non può morire quadrato. Si tratta di un’espressione volta a far intendere che ogni persona ha un proprio carattere e che, per quanto si sforzi di modificarlo, non riuscirà mai pienamente a cambiare la propria indole e la propria personalità. Tale affermazione viene utilizzata dunque, nei casi in cui, nel bene o nel male, un’azione fatta non cambia sostanzialmente la natura della persona in questione, ma ne ribadisce il modo di essere.
Conzala comu voi, sempri cucuzza è! Preparala come vuoi, sempre una zucchina rimane
L’Amuri è misuratu, cu u porta l’havi purtatu. L’amore è misurato chi lo porta lo riavrà indietro
A fimmina è comu li muluna: mmenzu a centu ci nn’e una bona. La donna è come l’anguria, in mezzo a cento ne trovi una sola buona
Cu lassa a vecchia ppà nova, peggiu s’attrova. Chi lascia la vecchia per la nuova si troverà male.
Cosi i nesciri pacci!!. Incredibile
Pisciari fora du rinali. Esagerare
Mugghiamu i pupa. Avvolgiamo le bambole (andiamocene)
Mi rizza u pilu. Ho la pelle d’oca
Malanova chi mi hai tu e tri quatti a unni stai/cu ti vesti a matina. Imprecazione all’indirizzo di qualcuno
U boi ci dissi cunnutu o sceccu. Usato per stigmatizzare l’abitudine di imputare ad altri difetti in realtà propri
Fimmina i casa. Donna coscienziosa nell’espletamento delle faccende domestiche
Mancu i cani/Mancu a li cani. Espressione di sgomento
‘Mpiriddari. Compiere l’atto sessuale con brio
A postu semu! Usato per esprimere ironicamente la propria disapprovazione
Perdiri u sceccu cu tutti i carrubbi. Perdere tutto
A casa di ddiu. Luogo sperduto, inaccessibile
A cauci’nto culu. Frettolosamente e con rabbia.
Cricchi e Croccu e manicu i ciascu = gruppo affiatato di amici
Pepé. Smidollato; persona fiacca, che si lascia facilmente abbindolare e/o prevaricare – usato soprattutto nella locuzione “Fari na figura i pepé”
Muttari petri cu culu. Compiere un prolungato sforzo fisico
Valintizza = Atto di coraggio (di solito usato ironicamente)
Fari cudduna i campanaru = Defecare copiosamente
Ghisari pubbirazzu = Fare un gran trambusto (solitamente per nulla)
Pisciari ogghiu = Orinare senza produrre alcun rumore
A panza all’aria = In panciolle
A minchia du pupu = Cosa di nessuna importanza; quisquilia, bagattella
A coppula du zu’ Vicenzu = Oggetto generico; usato di solito per terminare lunghe enumerazioni
Aviri i pedi ‘ttaccati = Deambulare con eccessiva lentezza
Aviri i pedi tunni = Cadere frequentemente
Nun essiri cosa (i) = Non essere capace (di)
Pedi longu = Persona che va spesso a zonzo (solitamente usato con intento polemico)
Essiri riccu cchiù d’u mari = Essere facoltoso
Mancia francu = Scroccone
Sautìnu = Approfittatore; opportunista – cfr. la locuzione ital. “Saltare il fosso”
Raustìnu = Chi adopera le cose altrui con eccessiva larghezza
Ùbbitu = Ingordo
Essiri pilu cu pilu = Essere molto legati
Vaja! = Andiamo! Orsù!
Unni si scuddau i scappi u Signuri = Luogo lontano e/o difficilmente accessibile
Picciunara = Insieme di bambini rumorosi e fastidiosi
Ruzzolaserpi = Burrone
Nesciri l’agghi = dicesi di persona che diventa furbetta
Pani duru e cuteddu chi non tagghia = dicesi di persone che non vanno d’accordo
Camurrìa = Persona o situazione fastidiosa
Càmula = Tarlo; fig. persona eccessivamente insistente
Schiumarola = Colapasta
Bisòlu = Soglia; gradino
Balata = Tombino
Di mpizzu = Di nessun valore (usato soprattutto nella loc. “Figura d’impizzu” = figura barbina)
Cuttìgghiu = Pettegolezzo
Rattalora = Grattugia
Manciari terra = Essere seppellito
Piddizzuni = Pelle d’oca
Fari cascari a cuddura d’i budedda = Annoiare a morte
Fètere = Imputridire, marcire (anche fig.)
Scaffitutu = Ammuffito
Scaccia-e-mancia = Approfittatore
Mancia-e-scodda = Persona ingrata
L’esercitu i Franceschiellu = Gruppo eterogeneo e disorganizzato; armata di Brancaleone
O tempu d’i canonici i lignu = In epoca assai remota
Sparari a scola = Marinare la scuola
Scupina = Ragazza di dubbia moralità
Scassapagghiara = Incapace, inetto
A jèttati all’aria! = Va’ al diavolo!
Trùscia = Involto che le donne usavano portare sulla testa
Muschera = Zanzariera
Muscaloru = Ventaglio
Cantalanotti = Chi anticamente sorvegliava le vie cittadine durante la notte; per estens. persona solita restare sveglia fino a tarda ora
Cantaro, Cantarano = Orinale
Facci i sola/i ‘mpigna/chi caddi = Persona sfrontata
Culu rinisciutu (volg.) = Individuo arricchitosi ma rimasto privo di raffinatezza; parvenu, villan rifatto. Il solo appellativo rinisciutu non è considerato volg.
Làstima = Persona che si lamenta continuamente
U cabbunaru! = Espressione di forte disapprovazione
Làllera, Tumpulata = Schiaffo
‘Mmazzacani = Grossa pietra
A cu campa! = Usato per sottolineare la lontananza nel tempo di un evento futuro
A minchia china (volg.) = In abbondanza
Cazzu chinu i pisciazza (volg.) = Persona di nessun valore
Penza Diu! = Invito a non preoccuparsi
‘Ntracchi = Cianfrusaglie
Pràcidu (babbu) = Imbecille
Èssiri cacatu d’u trummuni/d’a musca = Essere di salute cagionevole
Canciabannèra/Bannera i cannavazzu = Voltagabbana
Fari u jadduzzu = Spadroneggiare
A buzza senza lazzu = Ipotetica disponibilità illimitata di denaro – usato soprattutto nella locuzione “Ci vulissi a buzza senza lazzu”
Aviri u scarsu = Essere ingordo
A to’ matri ci custi cchiù ‘ssai d’un figghiu babbu = Frase rivolta polemicamente a chi mostra ingordigia nel nutrirsi
Ogni figutu i musca è sustanza = accontentarsi di poco
Un pezzu i ruppu = niente. Di solito si usa per rispondere a richieste di oggetti.
Amici e vaddati =dicesi di persone infide che si fingono amiche
Fari comu ficiru l’antichi = cavarsela in qualche modo tradizionale
Manzamaddiu = Per carità
A leggi d’a manigghia: prima a matri e poi a figghia = Espressione usata per rimarcare l’avvenenza di una donna e della di lei figlia
L’ura d’ajeri a st’ura/L’ura mi ti ccatti u riloggiu = Risposte ironiche alla richiesta di conoscere l’ora
Essiri comu a tridicinu ammenzu a simana = Essere di troppo
Facci lavata/Facciòlu = Ipocrita
‘Mmaccagnari = Ridurre a mal partito
Testa i ghiuppu/brioscia/brigghiu (volg.) = Persona stolida
Mmuccaciddazzu = Credulone
Pupu i pezza = v. Pepé
A muzzu (comu i cavuli a mazzu) = Casualmente; senza ordine
Cosa fitusa = Individuo spregevole – a volte enfatizzato in “Cosazza fitusa”
Cadìu d’a naca = Detto di persona lenta di comprendonio
Panza i bbugghiu = Addome prominente
U maravigghiatu d’a rutta = Personaggio del presepe che s’inginocchia davanti al Bambinello in atto di stupefatta devozione; per estens. individuo poco sveglio di mente, caratterizzato da un’espressione facciale perennemente imbambolata
Parrari cchiù ‘ssai di un giudici obbu = Essere logorroico
Bonu m’u sai = È bene che si sappia (generalmente usato in tono di avvertimento o di intimidazione)
Aviri l’agghi mmucciati = Detto polemicamente di chi nasconde le proprie reali intenzioni
Puru i pulici jannu a tussi = Usato per deridere coloro che si piccano di sentenziare su argomenti non di loro competenza
Maccarruni = Semplicione – usato soprattutto nella locuzione “Maccarruni senza puttusu”
Spazzula, carusu! = Espressione di disapprovazione nei confronti di un tentativo di adulazione
E tonna parrinu e ciuscia! = Espressione di insofferenza nei confronti di chi non sembra aver compreso ciò che gli si sta dicendo
Tri pila avi u poccu, u poccu avi tri pila = Usato a proposito di discorsi e/o comportamenti monotoni e ripetitivi
Ci dissi u suruci a nuci.. dammi tempu ca ti perciu.. Minaccia di ritorsioni
..E ddalla”: “ancora con questo argomento” “…e ci ritonni. Non essere ripetitivo
Ogni acqua leva a siti = Usato per invitare ad approfittare di un’opportunità, anche se di modesta entità
Testa Chi Frisca = Persona generica; Pinco Pallino
Arancino chi pedi = Persona obesa, simile appunto nella forma ad un arancino con i piedi
Pisci senza sangu/Minchia motta (volg.) = Persona priva di energie
Moffa a specchiu = Schiaffo dato con entrambe le mani contemporaneamente ai due lati della testa
Muffittuni a ‘ncasciari = Schiaffo dato dall’alto verso il basso e viceversa
Tumpulata a ‘ntrasiri e nesciri = Schiaffo seguito da un manrovescio
Babbiari = Dire spropositi – es.: “Ma chi fai, babbii?”
Iddu sa canta e iddu sa sona = Detto di chi compie un’azione meramente autoreferenziale
U pani è pani = Usato per invitare a riflettere sull’importanza del lavoro
Allancallaria = A gambe all’aria
A cu pigghiu pigghiu = Senza fare distinzioni; senza guardare in faccia a nessuno
Allintrasattu = Improvvisamente
Baccalaru = Sempliciotto
Manciaciumi = Prurito
Liccammommu = Lecca-lecca
Chistu t’u dici san [nome di battesimo del parlante] = Usato per rafforzare un’affermazione precedente
Scupriri l’America ‘nto bagghiolu = Dire ovvietà
Vuliri pagata mmedda pi sasizza = Essere esoso
Senza rinari u parrinu nun canta missa = Usato per sottolineare l’inevitabilità di una spesa
Cu si vaddau si sabbau = Invito alla prudenza
Piritèra = Ciclomotore rumoroso
Rispustèri = Persona permalosa (che replica ad ogni osservazione sollevata nei propri confronti)
A comu veni = Come viene; senza preoccuparsi del risultato finale
Finiri a frischi e pirita = Finire nel peggiore dei modi
Èssiri cumminàti a tri tubi = Trovarsi in una situazione stagnante e/o difficile
Baciannicchiu (volg.) = Persona di nessun valore
Panaru = Cestello, Deretano (volg.)
Fetu i bbistinu = odore nauseabondo
U mazzammu u iaddu = adesso siamo a posto
A inchiemmu a pignata = siamo a posto
A faccia i cu non voli = alla faccia di chi non vuole
Non ni inchiri i pila = non rompere, non dire stupidaggini
Non c’è nenti pà iatta = non c’è niente da prendere
A carta mala pigghiata = la sitauzione non è favorevole
C’è petra n’tà lenticchia = ci sono problemi
U sceccu chi mancia a ficara si leva u viziu quannu mori = si dice di una persona ostinata
Avi u ciriveddu pi spattiri i ricchi = non fa un buon uso del cervello
Menza Manicola = chi non finisce mai il lavoro che promette
Ti vogghiu beni comu a testa dà brioscia = frase che esprime un grandissimo affetto
Cu mancia fa muddichi = Chiunque faccia qualcosa, lascia residui
A saluti i sta schizza, chi ‘ntrasi da bucca, e nesci da pizza. Alla salute di questa goccia, che entra dalla bocca, e fuoriesce dal pene.
Triulu, Malanova e Scuntintizza. Tre amici che rappresentano sofferenza, sfortuna e infelicità
A Missina, sciroccu, piscistoccu e malanova non mancunu mai. A Messina, vento, brutte notizie e pesce stocco non mancano mai
O buddellu di tram. Al casino dei tram, frase che viene utilizzata per indicare un luogo molto lontano, fastidioso da raggiungere. Il modo di dire si regge su due termini non casuali “bordello” e “tram”: in passato i bordelli, le case chiuse, erano situate vicino al capolinea del tram, luogo solitamente lontano dal centro città. Ecco spiegato dunque il fastidio di dover andare in un posto senza dubbio allettante, ma spesso complicato da raggiungere.
– continua –
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