Diogene di Sinope, detto “Il Socrate pazzo”
Diogene di Sinope (412 a.C- 323 a.C), è il filosofo cinico che fa impallidire ogni altro personaggio filosofico per le sue stranezze, che non si limitavano ad un solo aspetto della vita, ma erano la sua vita stessa.
Questo filosofo ebbe una vita lunga ma molto travagliata: dovette lasciare la sua città natale Sinope (nel Ponto) per non finire in carcere come suo padre, accusato di contraffazione di monete. Giunto ad Atene, venne piantato in asso dal suo schiavo Mane, che fuggì. Successivamente, dopo essersi guadagnato una certa fama come filosofo estremizzando gli insegnamenti di semplicità del discepolo di Socrate Antistene (del quale divenne allievo nonostante quest’ultimo non lo sopportasse), venne rapito dai pirati, venduto come schiavo ad un uomo di Corinto. Questa, almeno, parrebbe la versione ufficiale; Diogene Laerzio, che documentò la vita di questo pazzoide, racconta che fu il suo omonimo di Sinope stesso, a Corinto, ad indicare il suo futuro padrone, Seniade, e a dire all’araldo che lo interrogava sulle sue capacità: “Vendimi a quest’uomo: ha bisogno di un padrone”, del quale poi divenne tutore dei figli, amministratore domestico e grandissimo amico, per poi morire alla veneranda età di 89 anni.
Che dire, la sua vita già di per sè fu strana, eppure, a renderla ancora più strana fu il suo modo di viverla che si basava su una sola parola: Semplicità.
Diogene, infatti, visse in una botte per quasi tutta la sua vita, inizialmente servendosi solo di una ciotola di legno per bere, che poi distrusse dopo aver visto un ragazzino bere dall’incavo delle mani. Ripudiò sempre ogni piacere corporale eccessivo (sebbene, come ci riporta Diogene Laerzio, fosse solito masturbarsi pubblicamente ed addirittura aggiungendo frasi del tipo: “Peccato che non possa togliermi la fame massaggiandomi la pancia!”), schifò letteralmente gloria e ricchezze e non sembrò provare rispetto per nessuno, nemmeno per il potente Alessandro Magno.
Si narra, infatti, che un giorno, probabilmente a Corinto, l’imperatore, affascinato dalle storie che si sentivano raccontare su questo strano filosofo, volle incontrarlo di persona. Lo trovò nella sua botte, lo salutò e alla domanda: “Posso fare qualcosa per te?” si sentì rispondere: “Stai fuori dal mio sole!”. Alessandro fu positivamente stupito del coraggio e della purezza di Diogene, tanto che, mentre tornava a palazzo dopo l’incontro confessò: “Davvero se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene”.
Nonostante l’ammirazione che il signore dei macedoni provasse per lui, a Diogene non andava giù l’ascesa di questi ultimi, tanto che, ormai vecchio, chiese, come ultimo desiderio che, una volta morto, venisse seppellito a faccia in giù; alla domanda del perchè del suo padrone ed amico Seniade, il filosofo, per far capire quanto fosse strana e paradossale la rapida presa di potere dei macedoni, rispose “Perchè tra poco, quel che è di sotto sarà rivoltato all’insù”!
Vita letteralmente da strada, risposte dure all’uomo più potente del mondo, rapimenti, ironia e perversioni, tutti questi fattori fanno guadagnare a Diogene di Sinope il gradino più alto del podio, conferendogli il titolo di “Filosofo più pazzo del mondo”.
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