L’essenziale in questa vita è vivere. Vivere, che non vuol dire sopravvivere: esiste una netta differenza tra le due cose. Quando viviamo, tutto è più intenso; i colori sono più brillanti, i baci sono carichi di passione e il corpo vibra a ogni emozione. Vivere è riservato ai coraggiosi, poiché implica prendere decisioni, uscire dalla nostra «zona di comfort» e cercare la crescita, in maniera attiva. Quando viviamo intensamente corriamo più rischi e accettiamo di essere vulnerabili. Questo comporta una grande forza emozionale, perché presuppone un livello di autoconsapevolezza tale da metterci al riparo dalle pressioni che riceviamo dall’esterno. Tuttavia, anche noi possiamo crearci delle pressioni, senza esserne del tutto coscienti, e spesso proprio noi stessi siamo i nostri giudici più severi. Interiorizziamo le aspettative degli altri e le convertiamo in pressioni che affliggono la nostra anima e la nostra vita. Ci poniamo mete irreali, chimere incompatibili con la vita, film che noi stessi abbiamo montato. Vivere intensamente richiede coerenza nel prendere decisioni al di là delle aspettative che le altre persone hanno riposto in noi. E questa coerenza è inconciliabile con un’immagine di facciata, e in generale con tutte le immagini formate a partire dai desideri degli altri. Una vita intensa è una vita autentica. Essere diversi è la cosa migliore che possa succederci. Non sforzatevi di standardizzarvi, non abbandonate la vostra unicità per vivere come tutti. Non siamo al mondo per pagare le bollette e goderci un solo mese all’anno. Siete un compendio di qualità che stanno aspettando di essere sfruttate a vostro beneficio. Vivere intensamente è essenziale e necessario perché in gioco c’è la felicità nostra e delle persone che amiamo, anche se a volte – è bene precisarlo – può essere pericoloso perché ci espone al rischio di farci del male. Ricordate che solo chi non fa niente non soffre. Tuttavia, non dovete frenarvi per paura di essere feriti. Il vostro corpo è predisposto a riparare i danni, così come lo sono la vostra mente e le vostre emozioni. Sì, perché corpo, mente ed emozioni hanno quello che si chiama impulso di riparazione, incaricato di assicurare la guarigione di ciò che si è rotto, e quindi anche del dolore. Se non volete soffrire, se non volete rompervi, non vi rimane che chiudervi in casa, perché quello è l’unico luogo dove tutto è sotto controllo, sicuro e confortante. Non pretendete di vivere un’esistenza placida e senza sofferenze perché, in questo modo, vi arrendereste a sopravvivere; al contrario, una vita attiva e ricca vi renderà più forti di qualsiasi avversità. Siamo noi a scegliere se limitarci a sopravvivere, a veder scorrere i giorni uno dopo l’altro senza farci domande, senza amare per timore di essere feriti, senza correre per paura di affaticarci e senza saltare per non cadere, senza fare il bagno in mare nudi per non farci rubare i vestiti, senza prenderci il tempo di pensare sdraiati in mezzo a un prato, senza baciare le persone che amiamo, o spettinarci per non perdere la compostezza… insomma, senza arricchire i nostri giorni con una doppia dose di passione e di vitalità. L’alternativa che abbiamo è cominciare a vivere. Non ipotecate tutto per paura. Non smettete di vivere perché vi spaventano le avversità: non sono altro che sfide e ci si può allenare a superarle. Prepariamoci per quando arriveranno, perché l’essenziale è sempre e solo vivere. Saltate, correte, spettinatevi… vivete intensamente!
Navarro, Tomás. Kintsukuroi. L’arte giapponese di curare le ferite dell’anima (pp.20-21). Giunti. Edizione del Kindle.
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